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CANTICO SPIRITUALE 2: Strofa 1

Dove ti sei nascosto, Amato?

Sola qui, gemente, mi hai lasciata!

Come il cervo fuggisti,

dopo avermi ferita;

gridando t’inseguii: eri sparito!

 

San Giovanni della Croce descrive all’inizio del suo Cantico l’esperienza dell’anima che ha incontrato Dio, ha fatto esperienza del suo amore. Questo è il punto di partenza di tutte le conversioni, grandi o piccole, dell’esistenza. L’anima ora sa che Egli è l’amore. Soprattutto, che è il suo amore, l’amore della sua vita. Questo amore l’ha ferita, ovvero ha lasciato una traccia così profonda, che ora all’assenza dell’amato l’anima soffre, perchè non può più fare a meno della sua presenza. Desidera unirsi a Lui. E dunque chiede:

Dove ti sei nascosto, Amato?

Verbo, Sposo mio, mostrami il luogo dove stai nascosto.

Dov’è il luogo dove possiamo ancora incontrare Dio, così intimamente?

San Giovanni scrive che a volte possiamo avere esperienza sensibile che Lui è presente, quando ci sembra di “sentirlo”, così come possiamo fare esperienza di aridità, quando al contrario ci sembra di non riuscire nè a vederlo, nè a sentirlo e avvertiamo un grande vuoto. Ma il punto non sta qui: l’anima infatti desidera incontrarlo ad un livello più profondo di un’esperienza sensibile o affettiva, in cui Dio si può “sentire” o meno. L’anima desidera incontrarlo nella sua essenza. Ma si chiede:

Dove ti sei nascosto, Amato?

Nel commento alla strofa, San Giovanni risponde che il Verbo, Figlio di Dio, insieme con il Padre e con lo Spirito Santo, nella sua essenza e presenza se ne sta nascosto nell’interno dell’anima.

Quindi l’anima che vuole trovarlo, deve ritirarsi in sommo raccoglimento dentro di sè.

È questo il luogo dove possiamo unirci a Dio. É un luogo a noi molto vicino, più intimo di noi stessi. Qui noi possiamo desiderarlo, adorarlo.

Ma vi è una difficoltà. Pur essendo a te così vicino, pure essendo dentro di te, se ne sta nascosto.

Dunque l’anima torna a chiedere:

Dove ti sei nascosto, Amato?

Se l’Amato dell’anima mia è dentro di me, perchè non lo trovo e non lo sento?

Perchè Egli se ne sta nascosto e tu non ti nascondi per trovarlo e per sentirlo.

Egli è il tesoro nascosto nel campo, l’anima decide di vendere tutti i suoi beni pur di comprare e accedere al campo (la propria interiorità) in cui è nascosto questo tesoro (Mt. 13,44).

Per questo, sia che tu sia in un periodo di fervore spirituale, sia che tu sia nell’aridità, fai bene a chiedere:

Dove ti sei nascosto, Amato?

In ogni tempo, nell’abbondanza come nella scarsità spirituale e materiale, fai bene a considerare Dio come nascosto e ad invocarlo dicendo:

Dove ti sei nascosto, Amato?

Egli è l’Amato. Trascorrendo il tempo con Lui, perseverando nella preghiera e intrattenendo a lungo in Lui il proprio animo, stabilendo in Lui il proprio cuore con affetto totale, sgorga in noi l’amore, e con l’amore possiamo chiedergli tutto, avremo libero accesso al suo cuore.

Sola qui, gemente, mi hai lasciata!

L’assenza dell’Amato causa un gemito continuo nell’amante poichè, dato che ama solo Lui, all’infuori di Lui non trova alcun riposo e sollievo. Indizio certo per sapere se uno ama veramente Dio è quindi quello di vedere se si contenta di cosa inferiore a Lui.

Le parole del Santo non vogliono sminuire tutta la sfera delle nostre amicizie, dei nostri affetti per le persone care, o ancora le nostre passioni, per il lavoro, per quello che facciamo ecc. Ci dice solo di non pretendere da una persona o una cosa, che questa colmi la nostra fame di vita e di amore: resteremo inquieti e frustrati. La nostra anima ha bisogno di Dio.

L’anima emette dunque un gemito, perchè ha gustato il dolce tocco di Dio nella propria vita, e ora ne sente la mancanza.

Come il cervo fuggisti,

dopo avermi ferita

Egli infatti è come un cervo, ama starsene nascosto tra i rifugi della roccia, ed è molto veloce al suo passaggio. Un momento si mostra per dare nuovo vigore all’anima, e il momento dopo di nuovo si nasconde. E all’anima sembra di non poterlo afferrare, di non riuscire a trattenerlo, e soffre dunque d’amore.

Nella nostra vita possiamo fare memoria di questi tocchi d’amore con cui Dio ci visita, lascia il segno dentro di noi.

L’anima brucia nel fuoco ardente d’amore tanto da sembrarle di consumarsi come fiamma, la quale la fa uscire di sè, rinnovare tutta e passare ad un modo nuovo di essere.

L’anima riceve il tocco di Dio, ma non può possederlo, per cui con la stessa velocità con cui ne percepisce il tocco, ne percepisce anche l’assenza, perchè in terra non può possederlo come desidera.

Queste ferite spirituali di amore fanno uscire l’anima da sè per penetrare in Dio.

L’anima non solo si allontana dagli attaccamenti e dalle dipendenze della terra, ma esce anche da se stessa e si lancia ad inseguirlo, per unirsi a Lui.

Ma Lui è fuggito via, e il dolore dell’anima è molto grande, perchè ha intravisto il bene immenso che ora non riesce ad afferrare.

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CANTICO SPIRITUALE 1: Il prologo

L’opera di San Giovanni della Croce che iniziamo ora a commentare settimanalmente, strofa dopo strofa, tratta dell’amore fra l’anima e Cristo suo sposo.

Il nostro DNA parla della nostra vocazione alla sponsalità. Dio ci ha creati così: per amare ed essere amati. Lo abbiamo scritto nel nostro corpo, nella profondità della nostra anima e del nostro desiderio: da soli ci sentiamo incompleti e vuoti, siamo fatti per la comunione. Il rapporto di coppia è immagine dell’unione che l’anima anela con il suo Dio. In questo sta la nostra gioia, risiede il senso della nostra vita.

Chi potrà descrivere ciò che il Signore fa capire alle anime innamorate dove dimora?

Questo è il primo interrogativo che si pone San Giovanni nel cominciare la sua opera, che sarà dunque uno scritto poetico fatto di immagini e segni, proprio perchè è difficile per il linguaggio umano comunicare l’esperienza dell’anima che cerca Dio e che finalmente gusta la sua presenza, l’essere in Lui, come Lui è in noi.

Io in te, tu in me, siamo infatti una cosa sola.

“Essendo dunque queste strofe state composte in amore di abbondante intelligenza mistica non si potranno spiegare con esattezza, nè questo sarà il mio intento”, spiega il Santo nel prologo: il suo scopo è infatti è di accendere in noi il desiderio di Dio e la sete di questa esperienza personale ed intima di unione con la sua Persona, e per far ciò, è sufficiente intuire, piuttosto che capire, quel che i versi racchiudono, così da accingersi a provarne in prima persona il  contenuto. I versi sono stati scritti “per produrre effetti ed affetti d’amore nell’anima“.

San Giovanni ci introduce ad una conoscenza di Dio che definisce mistica: ovvero la conoscenza “per amore, nel quale le cose non solo si conoscono, ma insieme si gustano”.

La spiritualità di Giovanni della Croce conduce il lettore all’amore e chiede un continuo distacco da ciò che allontana o ostacola questa esperienza personale di unione.

Il Cantico Spirituale è stato composto nel 1584 a Granada per le Suore carmelitane del Monastero di San Giuseppe ed è un trattato sulla preghiera e sull’unione con Dio.

L’anima unita e trasformata in Dio vive in Dio e per Dio, e riflette verso di lui lo stesso impulso vitale che egli le trasmette.

All’inizio di questa lettura diamoci dunque il tempo di alimentare il nostro desiderio di Dio così da poter incominciare questo cammino. Nel silenzio di noi stessi chiediamoci: “Cosa cerco? Chi cerco? Chi sei tu che colmi il mio cuore della tua assenza (P. Lagerkvist)?”. Poniamoci in ascolto della voce di Colui che ci chiama a sè.

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