canticospirituale

archive

Home

CANTICO SPIRITUALE STROFE 4-9

Strofa 4

O boschi e fitte selve,
piantati dalla mano dell’Amato!
O prato verdeggiante
di bei fiori smaltato,
ditemi se qui egli è passato!

L’anima contempla la bellezza della natura e vi trova i segni del Creatore. San Giovanni della Croce ci indica che l’anima, nel suo cammino verso Dio, passa attraverso la conoscenza di sè stessa delle strofe precedenti, e prosegue attraverso lo stupore di fronte al creato, segno della sua grandezza. L’anima si sente fortemente spinta verso l’amore del suo amato Dio dalla riflessione sulle creature, vedendo che sono state create dalla mano di Lui. Questo è un invito rivolto anche a noi: ritagliamoci del tempo di silenzio camminando nella natura, fosse solo anche il parco vicino casa nostra. Soffermiamoci sui particolari: dei colori, dei profumi, del canto degli uccelli. “Rimaniamo in contatto con la natura. Possiamo contemplare l’azzurro del cielo, ascoltare le acque del ruscello che sussurrano, guardare le formiche, meravigliarci della bellezza di un fiore, sentire il vento sul nostro volto o lasciarci colpire dal gioco delle nubi nel cielo…Ciò che conta è che non giudichiamo niente e che non vogliamo cambiare niente, ,a che accogliamo tutto così come si manifesta”.  “Stavo volentieri nella natura, ma non mi accorgevo di quanto essa mi stesse cambiando interiormente” (Franz Jalics).

L’esercizio sta nel percepire: la percezione è un atto spirituale, permette di rimanere nel presente e di prendere consapevolezza del dono che ci viene dato attraverso la realtà che ci circonda, in modo sensoriale (attraverso la vista, l’udito, l’olfatto) e poi spirituale.

Impariamo a sostare nella percezione, staccandoci dal pensare e dal fare.

Strofa 5

Mille grazie spargendo
qui pei boschi s’affrettava
e, mentre li guardava,
la sola sua presenza
adorni di bellezza li lasciava.

Le creature (il creato) sono come un’orma del passaggio di Dio, per mezzo della quale si scorgono la sua grandezza, la sua potenza, la sua sapienza e le altre virtù divine.

Dio guardò le cose che aveva fatto ed erano molto buone (Gen1).

Grazie all’Incarnazione del Figlio e alla sua Resurrezione, Dio ha rivestito ogni creatura di bellezza e dignità.

Strofa 6

Ah! chi potrà guarirmi?
Alfin, concediti davvero;
e più non mi mandare
da oggi messaggeri
che non sanno dirmi ciò che bramo!

Nella viva contemplazione e nella conoscenza delle creature l’anima vede con grande chiarezza di quanta grazia, bellezza e virtù sono state dotate da Dio. Una bellezza comunicata dalla infinita bellezza dell’immagine di Dio.

Per questo l’anima è sempre più ferita d’amore: vede i segni dell’Amato nel creato e desidera finalmente incontrarlo personalmente, possederlo.

Le creature le hanno fatto aumentare l’amore e dunque il dolore per la lontananza dell’Amato.

Quanto più l’anima conosce Dio tanto più sente crescere in sè il desiderio di vederlo.

L’anima constata che nulla la può guarire da questo dolore se non la presenza e la vista dell’Amato.

L’anima gli chiede dunque il dono della sua presenza.

L’anima vuole conoscere Dio nella sua essenza, non si accontenta più dei suoi doni nè dei suoi segni.

“Io ti voglio tutto, mentre essi (i messaggeri, le creature) non sanno e non possono dirmi tutto di te”.

Quante volte ci capita di cercare appagamento o consolazione all’esterno, nelle relazioni, nel lavoro, nello svago, ma nulla sa colmarci fino in fondo, nulla riesce a darci la vita cui aneliamo?

Strofa 7

E quanti intorno a te vagando,
di te infinite grazie raccontando,
ravvivan così le mie ferite,
e me spenta lascia non so cosa,
ch’essi vanno appena balbettando.

Le creature balbettano all’anima l’immensità dell’amore di Dio, per cui ella si sente di morire d’amore.

San Giovanni della Croce descrive dunque il dolore dell’anima come ferita, che è più leggera e passa presto perchè causata dai segni dell’Amato presenti nella natura, nelle creature. Come piaga, che è impressa maggiormente nell’anima e dura più a lungo, perchè a causarla sono i segni d’amore ancor maggiori dell’incarnazione del Verbo e dei misteri della fede. Tali segni d’amore sono ancor più grandi per cui producono nell’anima un effetto ancor più profondo di amore. Poi vi è un dolore simile alla morte, in cui l’anima desidera vivere una vita d’amore ed essere trasformata in amore, e che è causata da un tocco d’amore, da quel non so che che viene detto balbettando. L’anima chiama questo tocco d’amore “un non so che”, perchè non riesce nè a capirlo nè a dirlo, ma lo gusta. Tale tocco provoca in lei un amore impaziente, di chi anela ardentemente l’unione con l’amato.

Strofa 8

Ma come duri ancor,
o vita, se non vivi ove vivi,
se ti fanno morir
le frecce che subisci
da ciò che dell’Amato concepisci?

In questa strofa l’anima parla alla sua stessa vita, mettendo in risalto il dolore che le causa ricevere questi continui tocchi dell’amore di Dio (le frecce), senza però riuscire a incontrarlo e a unirsi a Lui totalmente, come vorrebbe. L’anima vive in ciò che ama, ella ha la sua vita in Dio. L’anima è consapevole di ricevere da Dio la vita e l’amore, la vita fisica e quella spirituale, di partecipazione al suo amore. I tocchi d’amore che ella riceve da Dio la rendono feconda e rendono il cuore in grado di comprendere almeno in parte il grande amore di Dio per lei.

Strofa 9

Perché, avendo questo cuor
piagato, poi non l’hai sanato?
E avendolo rubato,
perché me l’hai lasciato
e non cogli la preda che hai rubato?

L’anima capisce che l’unica medicina che può guarire il suo dolore è quella di mettersi nelle mani di Dio affinchè Egli si unisca totalmente a lei con la forza del suo amore. L’anima chiede allora all’Amato perchè le ha ferito il cuore con il tocco del suo amore e non glielo guarisce con la sua presenza. L’anima è innamorata, il suo cuore è tutto dell’Amato, chiede dunque all’Amato di farlo finalmente suo, di godere della sua dolce presenza. Perchè non prendi il cuore che hai rubato per amore, per riempirlo, sfamarlo, accompagnarlo, guarirlo lasciandolo abitare e riposare pienamente in te? L’anima che ama Dio spera da Lui come ricompensa la totalità di questo amore divino.

Read More →

CANTICO SPIRITUALE 3: STROFE 2 E 3

Strofa 2

Pastori, voi che andate

di stazzo in stazzo fino all’alto monte,

se per caso incontrate

chi più d’ogni altro bramo,

ditegli che languisco, soffro e muoio.

L’anima che cerca Dio chiede aiuto a dei pastori, ovvero a degli intermediari cui S. Giovanni della Croce dà il nome di affetti, desideri, gemiti, che sanno esprimere bene i segreti del cuore. Si tratta dunque di ascoltare nel silenzio la profondità di se stessi, lì dove ha la radice il nostro affetto, lì dove risiedono i nostri desideri più profondi, lì dove sentiamo anche il vuoto e il dolore di una mancanza, di un’incompletezza.

Si tratta di ascoltare cosa si muove nella profondità del nostro cuore.

Questi messaggeri ci porteranno all’incontro con l’Amato che dimora sull'”alto monte”. Inoltre, è per mezzo dei nostri sentimenti, desideri e vuoti più profondi che Dio si comunica a noi lasciando tracce della sua presenza. Sono veri messaggeri quelli che provengono da vero amore.

S. Giovanni indica come pastori anche gli Angeli, anche questi messaggeri della presenza di Dio che ci guidano a Lui attraverso le buone ispirazioni.

L’anima si rivolge a loro dicendo “se per caso lo incontrate”,  ben sapendo che l’Amato si lascia trovare ed esaudisce ogni preghiera al momento opportuno, non prima, non dopo.

Per questo gli espone semplicemente i propri bisogni, lasciando che l’Amati faccia poi quanto gli piace.

Egli è Colui che amo più di tutti.

Per questo languisco, ovvero sono privo di forze, mi consumo e sono abbattuto, perchè Egli solo è la mia guarigione.

Per questo soffro, perchè Egli solo è la mia gioia.

Per questo muoio, perchè Egli solo è la mia vita.

 

Strofa 3

In cerca del mio amore,

andrò per questi monti e queste rive,

non coglierò mai fiore,

non temerò le fiere,

supererò i forti e le frontiere.

Qui l’anima non solo desidera l’Amato e chiede aiuto attingendo alle sue risorse interiori nella vita di preghiera e dunque contemplativa, ma anche si muove concretamente nella propria vita attiva, ovvero nell’esercizio delle virtù e nell’esercizio spirituale. Si tratta di tutti quei piccoli gesti e scelte con cui possiamo allenarci ogni giorno a scegliere Dio, dando un po’ meno spazio al nostro io. E’ il cammino del cristiano: dirsi dei no quando è la parte più egocentrica di noi stessi che vuole avere il comando, e dire sì a chi ci apre alla carità e al dono della nostra vita. Concretamente, avviene attraverso piccoli atti di fiducia, atti di carità, l’accoglienza e l’impegno nel quotidiano anche quando costa sacrificio.

La via per cui si cerca Dio consiste nell’operare il bene in Lui e nel mortificare il male in sè.

Ci sono attaccamenti, dipendenze, consolazioni, tappabuchi, passioni, che occupano il nostro cuore e sono di impedimento alla nostra anima nel cammino verso Dio.

Se le ricchezze sovrabbondano, non vogliate attaccarvi il cuore.

Il nostro cuore, infatti, è di Dio.

La preghiera e l’umiltà sono le armi contro ogni fiera che si avventa dentro e fuori di noi, “destabilizzandoci”. Rivestiamoci dunque con costanza risoluta e coraggio dell’armatura di Dio, per essere sempre più liberi di seguire l’amore della nostra vita.

 

Read More →

CANTICO SPIRITUALE 2: Strofa 1

Dove ti sei nascosto, Amato?

Sola qui, gemente, mi hai lasciata!

Come il cervo fuggisti,

dopo avermi ferita;

gridando t’inseguii: eri sparito!

 

San Giovanni della Croce descrive all’inizio del suo Cantico l’esperienza dell’anima che ha incontrato Dio, ha fatto esperienza del suo amore. Questo è il punto di partenza di tutte le conversioni, grandi o piccole, dell’esistenza. L’anima ora sa che Egli è l’amore. Soprattutto, che è il suo amore, l’amore della sua vita. Questo amore l’ha ferita, ovvero ha lasciato una traccia così profonda, che ora all’assenza dell’amato l’anima soffre, perchè non può più fare a meno della sua presenza. Desidera unirsi a Lui. E dunque chiede:

Dove ti sei nascosto, Amato?

Verbo, Sposo mio, mostrami il luogo dove stai nascosto.

Dov’è il luogo dove possiamo ancora incontrare Dio, così intimamente?

San Giovanni scrive che a volte possiamo avere esperienza sensibile che Lui è presente, quando ci sembra di “sentirlo”, così come possiamo fare esperienza di aridità, quando al contrario ci sembra di non riuscire nè a vederlo, nè a sentirlo e avvertiamo un grande vuoto. Ma il punto non sta qui: l’anima infatti desidera incontrarlo ad un livello più profondo di un’esperienza sensibile o affettiva, in cui Dio si può “sentire” o meno. L’anima desidera incontrarlo nella sua essenza. Ma si chiede:

Dove ti sei nascosto, Amato?

Nel commento alla strofa, San Giovanni risponde che il Verbo, Figlio di Dio, insieme con il Padre e con lo Spirito Santo, nella sua essenza e presenza se ne sta nascosto nell’interno dell’anima.

Quindi l’anima che vuole trovarlo, deve ritirarsi in sommo raccoglimento dentro di sè.

È questo il luogo dove possiamo unirci a Dio. É un luogo a noi molto vicino, più intimo di noi stessi. Qui noi possiamo desiderarlo, adorarlo.

Ma vi è una difficoltà. Pur essendo a te così vicino, pure essendo dentro di te, se ne sta nascosto.

Dunque l’anima torna a chiedere:

Dove ti sei nascosto, Amato?

Se l’Amato dell’anima mia è dentro di me, perchè non lo trovo e non lo sento?

Perchè Egli se ne sta nascosto e tu non ti nascondi per trovarlo e per sentirlo.

Egli è il tesoro nascosto nel campo, l’anima decide di vendere tutti i suoi beni pur di comprare e accedere al campo (la propria interiorità) in cui è nascosto questo tesoro (Mt. 13,44).

Per questo, sia che tu sia in un periodo di fervore spirituale, sia che tu sia nell’aridità, fai bene a chiedere:

Dove ti sei nascosto, Amato?

In ogni tempo, nell’abbondanza come nella scarsità spirituale e materiale, fai bene a considerare Dio come nascosto e ad invocarlo dicendo:

Dove ti sei nascosto, Amato?

Egli è l’Amato. Trascorrendo il tempo con Lui, perseverando nella preghiera e intrattenendo a lungo in Lui il proprio animo, stabilendo in Lui il proprio cuore con affetto totale, sgorga in noi l’amore, e con l’amore possiamo chiedergli tutto, avremo libero accesso al suo cuore.

Sola qui, gemente, mi hai lasciata!

L’assenza dell’Amato causa un gemito continuo nell’amante poichè, dato che ama solo Lui, all’infuori di Lui non trova alcun riposo e sollievo. Indizio certo per sapere se uno ama veramente Dio è quindi quello di vedere se si contenta di cosa inferiore a Lui.

Le parole del Santo non vogliono sminuire tutta la sfera delle nostre amicizie, dei nostri affetti per le persone care, o ancora le nostre passioni, per il lavoro, per quello che facciamo ecc. Ci dice solo di non pretendere da una persona o una cosa, che questa colmi la nostra fame di vita e di amore: resteremo inquieti e frustrati. La nostra anima ha bisogno di Dio.

L’anima emette dunque un gemito, perchè ha gustato il dolce tocco di Dio nella propria vita, e ora ne sente la mancanza.

Come il cervo fuggisti,

dopo avermi ferita

Egli infatti è come un cervo, ama starsene nascosto tra i rifugi della roccia, ed è molto veloce al suo passaggio. Un momento si mostra per dare nuovo vigore all’anima, e il momento dopo di nuovo si nasconde. E all’anima sembra di non poterlo afferrare, di non riuscire a trattenerlo, e soffre dunque d’amore.

Nella nostra vita possiamo fare memoria di questi tocchi d’amore con cui Dio ci visita, lascia il segno dentro di noi.

L’anima brucia nel fuoco ardente d’amore tanto da sembrarle di consumarsi come fiamma, la quale la fa uscire di sè, rinnovare tutta e passare ad un modo nuovo di essere.

L’anima riceve il tocco di Dio, ma non può possederlo, per cui con la stessa velocità con cui ne percepisce il tocco, ne percepisce anche l’assenza, perchè in terra non può possederlo come desidera.

Queste ferite spirituali di amore fanno uscire l’anima da sè per penetrare in Dio.

L’anima non solo si allontana dagli attaccamenti e dalle dipendenze della terra, ma esce anche da se stessa e si lancia ad inseguirlo, per unirsi a Lui.

Ma Lui è fuggito via, e il dolore dell’anima è molto grande, perchè ha intravisto il bene immenso che ora non riesce ad afferrare.

Read More →

CANTICO SPIRITUALE 1: Il prologo

L’opera di San Giovanni della Croce che iniziamo ora a commentare settimanalmente, strofa dopo strofa, tratta dell’amore fra l’anima e Cristo suo sposo.

Il nostro DNA parla della nostra vocazione alla sponsalità. Dio ci ha creati così: per amare ed essere amati. Lo abbiamo scritto nel nostro corpo, nella profondità della nostra anima e del nostro desiderio: da soli ci sentiamo incompleti e vuoti, siamo fatti per la comunione. Il rapporto di coppia è immagine dell’unione che l’anima anela con il suo Dio. In questo sta la nostra gioia, risiede il senso della nostra vita.

Chi potrà descrivere ciò che il Signore fa capire alle anime innamorate dove dimora?

Questo è il primo interrogativo che si pone San Giovanni nel cominciare la sua opera, che sarà dunque uno scritto poetico fatto di immagini e segni, proprio perchè è difficile per il linguaggio umano comunicare l’esperienza dell’anima che cerca Dio e che finalmente gusta la sua presenza, l’essere in Lui, come Lui è in noi.

Io in te, tu in me, siamo infatti una cosa sola.

“Essendo dunque queste strofe state composte in amore di abbondante intelligenza mistica non si potranno spiegare con esattezza, nè questo sarà il mio intento”, spiega il Santo nel prologo: il suo scopo è infatti è di accendere in noi il desiderio di Dio e la sete di questa esperienza personale ed intima di unione con la sua Persona, e per far ciò, è sufficiente intuire, piuttosto che capire, quel che i versi racchiudono, così da accingersi a provarne in prima persona il  contenuto. I versi sono stati scritti “per produrre effetti ed affetti d’amore nell’anima“.

San Giovanni ci introduce ad una conoscenza di Dio che definisce mistica: ovvero la conoscenza “per amore, nel quale le cose non solo si conoscono, ma insieme si gustano”.

La spiritualità di Giovanni della Croce conduce il lettore all’amore e chiede un continuo distacco da ciò che allontana o ostacola questa esperienza personale di unione.

Il Cantico Spirituale è stato composto nel 1584 a Granada per le Suore carmelitane del Monastero di San Giuseppe ed è un trattato sulla preghiera e sull’unione con Dio.

L’anima unita e trasformata in Dio vive in Dio e per Dio, e riflette verso di lui lo stesso impulso vitale che egli le trasmette.

All’inizio di questa lettura diamoci dunque il tempo di alimentare il nostro desiderio di Dio così da poter incominciare questo cammino. Nel silenzio di noi stessi chiediamoci: “Cosa cerco? Chi cerco? Chi sei tu che colmi il mio cuore della tua assenza (P. Lagerkvist)?”. Poniamoci in ascolto della voce di Colui che ci chiama a sè.

Read More →