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L’ORIGINE DEL CARMELO

L’esperienza carmelitana non ha, all’origine, un Fondatore bene identificato, ma un gruppo di eremiti nella Terra Santa della fine del XII secolo, per i quali l’identità carismatica si configura intorno ad alcuni elementi significativi:

  1. un luogo sacro: il Monte Carmelo, una catena montuosa del nord della Palestina che si affaccia sul mare. Nella Bibbia viene indicato come luogo e simbolo di particolare bellezza, alleanza, sponsalità, dell’«appuntamento» con il divino. Già nei primi secoli il Carmelo, in forza di un’antichissima tradizione, che considerava Elia fondatore della vita monastica, divenne uno dei luoghi preferiti da monaci ed eremiti, che si ritiravano dal mondo per incontrare Dio.
  2. una regola di vita: i primi eremiti vogliono concretizzare l’ideale radicale del cristianesimo: «Vivere nell’ossequio di Gesù Cristo… meditando giorno e notte la Parola di Dio e vegliando in preghiera». Un ideale, dunque, primariamente contemplativo, affidato a persone che vivono per Dio solo.
  3. una devozione mariana: sulla scia di Maria, madre e sorella, il carmelitano vuole aprirsi totalmente ad accogliere il Verbo Incarnato per generarLo continuamente al mondo.

LO SCAPOLARE CARMELITANO

La Regina del Cielo, apparendo tutta raggiante di luce, il 16 luglio 1251, al vecchio generale dell’Ordine Carmelitano, San Simone Stock (il quale L’aveva pregata di dare un privilegio ai Carmelitani), porgendogli uno scapolare -detto comunemente «Abitino»- così gli parlò:

 

Prendi figlio dilettissimo, prendi questo scapolare del tuo Ordine, segno distintivo della mia Confraternita, privilegio a te e a tutti i Carmelitani. Chi morra rivestito di questo abito non soffrira il fuoco eterno; questo è un segno di salute, di salvezza nei pericoli, di alleanza di pace e di patto sempiterno.

Detto questo, la Vergine scomparve in un profumo di Cielo, lasciando nelle mani di Simone il pegno della Sua Prima «Grande Promessa».

La Madonna, dunque, con la Sua rivelazione, ha voluto dire che chiunque indosserà e porterà per sempre l’Abitino, non solo sarà salvato eternamente, ma sarà anche difeso in vita dai pericoli.

Non bisogna credere minimamente, però, che la Madonna, con la sua Grande Promessa, voglia ingenerare nell’uomo l’intenzione di assicurarsi il Paradiso, continuando più tranquillamente a peccare, o forse la speranza di salvarsi anche privo di meriti, ma piuttosto che in forza della Sua Promessa, Ella si adopera in maniera efficace per la conversione del peccatore, che porta con fede e devozione l’Abitino fino in punto di morte.

LA RIFORMA TERESIANA

Con Santa Teresa d’Avila e S. Giovanni della Croce, prende vita la Riforma Teresiana del XVI secolo, che vede rivivere nelle città l’originaria vocazione eremitica, all’interno di piccoli monasteri nei quali la pratica dell’orazione, l’intensa vita fraterna, la povertà rappresentano la possibilità concreta di custodire il rapporto personale con Cristo Amico e Sposo.

In un’epoca storica nella quale l’Europa è lacerata dal diffondersi del protestantesimo e dagli attacchi contro l’Eucaristia, lacerazione che colpisce la Chiesa nel cuore del suo più grande mistero, Teresa di Gesù pone al centro della sua riforma proprio l’Eucaristia; ella ripensa e rinnova il Carmelo come luogo dell’amore sponsale con il Signore.

Ho sempre riconosciuto e tuttora riconosco che non possiamo piacere a Dio, né Dio accorda le sue grazie, se non per il tramite dell’Umanità sacratissima di Cristo, nel quale ha detto di compiacersi. Ne ho fatta molte volte l’esperienza, per cui posso dire di aver veduto che per essere a parte dei segreti di Dio, bisogna passare  per questa porta. (S. Teresa di Gesù, “Vita” 22,6)

LA VOCAZIONE CARMELITANA

La vocazione è ciò che spiega alla radice il mistero della vita dell’uomo, ed è essa stessa un mistero di predilezione e gratuità assoluta.

La vocazione carmelitana è la risposta a Dio che prende la vita di una persona e le chiede di stare dalla parte del cuore, che la colloca là dove risulta evidente che Lui c’è, che il Padre è vivo, è vero, è una Persona, che ama e vuole essere amato. E’ una vocazione, quindi, volta a ricordare a tutti questa elementare verità: il dono supremo che Dio ha fatto ad ogni uomo è la vocazione alla comunione con Lui, che si realizza giorno per giorno, per mezzo di un colloquio d’amore sempre più intimo e vitale, destinato a durare per tutta l’eternità.

Immaginate che dentro di voi ci sta un palazzo immensamente ricco, fatto di oro e di pietre preziose, degno del gran monarca a cui appartiene. (…) . Immaginate ora che in questo palazzo abiti il gran Re che nella sua misericordia si è degnato di farsi vostro Padre, assiso sopra un trono di altissimo pregio: il vostro cuore. (S. Teresa di Gesù, C 28,9)