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18 novembre 2023: solo a pensare a quel giorno, il mio cuore trabocca di gratitudine e gioia: era il giorno della mia professione perpetua, il giorno del mio sì per sempre al Signore, mio Sposo.

Prima della celebrazione, avvenuta nella nostra Cattedrale in Egitto, mi rendevo conto che tutto in me era particolarmente connesso con il Signore, stavo alla Sua Presenza mentre mi preparavo. Ero molto felice e parlavo con Lui continuamente. È stata questa la Grazia più grande, che mi ha reso molto serena e mi ha dato pace interiore. Non posso negare, né dimenticare che anche lungo il cammino di preparazione, ho ricevuto sempre “Grazia su Grazia” ad ogni passo; pertanto, la gratitudine mi ha fatto gustare ogni particolare di questo giorno e mi ha aiutato a viverlo in pienezza: la grande gioia della vocazione, le tante emozioni che si intrecciavano tra loro, la folla di pensieri che ronzava nella mia testa … e che dire? Sono profondamente grata e riconoscente per il dono di Dio: “tutto quello che è in me, benedica il suo santo nome.” (Sal 103)

Pochi minuti prima della celebrazione sono scappata in cappella e mi sono fermata a guardare sorridente il tabernacolo ripetendo la frase che avevo scelta come risposta all’appello dalla madre durante la Messa: “Eccomi, sono tutta tua. Nata per te, vivo per benedirti in ogni tempo.” Ogni parola dice tanto del mio vissuto e del mio cammino lungo il tempo di formazione.

Eccomi: è la parola di Maria, Madre di Gesù e modello della vita consacrata, alla quale guardo con molta stima. Desidero imitarne la docilità nel realizzare e incarnare la Volontà di Dio nella mia vita.

Sono tutta tua: è un modo per esprimere il mio abbandono totale al Signore, la mia disponibilità ad accogliere tutto e la prontezza nel mettermi completamente a sua disposizione. Volevo dirgli che tutto ciò che sono e possiedo, lo restituisco a Lui, perché faccia ciò che vuole con molta libertà.

Nata per te: io credo e sono convinta di essere nata per diventare sposa di Cristo seguendo la spiritualità carmelitana, di cui sono molto innamorata.

Vivo per benedirti in ogni tempo: qui è racchiuso tutto il mio desiderio. Ho voluto aggiungerlo, anche se ha allungato la frase, proprio perché sono parole molto importanti e preziose. Non solo sono parole che mi hanno accompagnato nei giorni più difficili della mia vita, ma sono state per me come il respiro che mi dava vita e speranza, erano la preghiera del cuore che mi univa al Signore. Infatti il desiderio più profondo che mi abita è di continuare a benedirlo e ringraziarlo in OGNI tempo e per sempre. Non voglio smettere mai di lodarlo e di amarlo, sia nelle circostanze facili, che in quelle difficili e in quelle che sembrano impossibili da affrontare. Questo significa che il mio amore per il Signore non dipende dalla mia condizione di vita, né dalle circostanze. Io amo il Signore perché Lui mi ha amato per primo e merita il mio amore. Dunque non mi importa se fuori “piove ed è grigio”, perché dentro di me c’è il Sole che scalda il mio cuore.

Sono molto consapevole della mia debolezza e delle mille volte al giorno in cui tradisco questa mia promessa di amarlo, ma conto sempre sulla Sua fedeltà perché “La sua fedeltà ti sarà scudo e corazza; non temerai i terrori della notte, né la freccia che vola di giorno.” (Sal 90) Perciò nessuna notte, né il buio, mi fanno paura e neanche la mia fragilità mi spaventa perché: “Il Signore completerà per me l’opera sua” (Sal 137). Sono fiduciosa e abbandonata nelle sue mani perché “Tutto concorre al bene” (Rom 8,28).

Ho gustato ogni parola e ogni gesto della Celebrazione, che è stata un momento intenso di preghiera. Le parole non bastano per spiegare quanta grazia e benedizione ho ricevuto in quel momento.

“Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato? Adempirò i miei voti al Signore, davanti a tutto il suo popolo” (Sal 115): davvero il Signore è stato, è e sarà molto generoso con me. Io non ho altro da fare che cercare di amarlo con tutto il cuore in modo casto, obbediente e povero, custodendo sempre il mio rapporto personale e intimo con Lui. Prego perché altre anime possono toccare questa felicità e sperimentare l’amore grande con cui ci ama il Padre, che ha dato suo Figlio in riscatto per tutti. Voglio dire che vale la pena seguire Gesù in questo modo esclusivo che è la vita consacrata!

Sr Dina della Santa Famiglia

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“Radici di Amore” è stato il tema del campo famiglie di Azione Cattolica della diocesi di Treviso che si è svolto per una settimana a Caviola di Falcade BL – Casa Giovanni XXIII. È stata un’ esperienza nuova, ricca e preziosa. Sono proprio grata di aver partecipato a questo campo, porto nel cuore ogni volto e ogni condivisione. Sicuramente niente viene per caso, perché tutto è grazia ed io ho vissuto un tempo di grazia su grazia. Iniziavo la giornata con la preghiera con i bambini delle scuole elementari e medie, preghiera molto semplice ma piena della presenza di Dio. Mi emozionava ascoltare le loro condivisioni e commenti, sono proprio bravi. Poi andavo con i 3 ragazzi della scuola superiore: oltre alla semplice preghiera di inizio giornata ci fermavamo a chiacchierare e parlare partendo dal brano della parola di Dio che si leggeva durante la preghiera mattutina. Porto nel cuore ogni loro condivisione e soprattutto custodisco nella mia preghiera ogni difficoltà e paura che mi hanno consegnato. Invece con i genitori abbiamo avuto la possibilità di condividere la bellezza e le difficoltà della vita matrimoniale verso la santità, è stato un viaggio di crescita attraverso la figliolanza e la genitorialità. Ascoltare le loro condivisioni sincere e profonde era molto commovente, vederli lavorare in coppie e poi in gruppo era solo da contemplare. La loro consapevolezza che prima di essere genitori, sono figli e lo saranno per sempre, era da ammirare. Ho un cuore traboccante di gratitudine per questa esperienza indimenticabile; è stata un’occasione di arricchimento e ho avuto modo di ringraziare il Signore per i miei genitori e la mia famiglia di origine e soprattutto di pregare per tutte le coppie e le famiglie che conosco affinché seguano l’esempio della Santa Famiglia e arrivino a realizzare il sogno di Dio sui loro figli per discernere la via per arrivare alla Santità.

Sr Dina della Santa Famiglia

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Penso che Dio abbia inventato noi persone consacrate, come tutti gli altri credenti, per portare la luce del Vangelo a modo nostro nei diversi tempi, culture, luoghi, situazioni in cui viviamo: per essere infine quella stessa luce. Siamo qui per mostrare che la ricerca di Dio è assolutamente essenziale e che questa ricerca dà un centro a tutte le altre “ricerche”: il bisogno e il desiderio di Dio è come un centro di gravità, senza il quale ci disintegreremmo e ci frantumeremmo in un universo di desideri, bisogni, pensieri, emozioni…

Ma per certi versi nei nostri conventi non siamo diversi da qualsiasi altro credente – in fondo, vogliamo tutti seguire Cristo. Abbiamo tutti bisogno di abbandonarci alla corrente d’amore che ci anima, ci attraversa e continua ad animare il mondo in cui Dio ci ha posto. Non siamo molto diversi nelle nostre relazioni interpersonali: viviamo i nostri drammi individuali e sociali e spesso non sappiamo affatto vivere insieme come vorremmo, ci feriamo a vicenda, deludiamo le nostre aspettative e quelle degli altri, sappiamo esattamente cosa dovremmo fare ma non lo facciamo… Siamo fragili e miserabili come qualsiasi altro essere umano, nonostante i nostri voti di castità, povertà, obbedienza… o qualsiasi cosa abbiamo scritto nei nostri ordini religiosi. Il più delle volte non siamo migliori delle altre persone, umanamente parlando. Vivere in una comunità religiosa a volte può essere, se non un inferno, almeno un purgatorio.

Allora in cosa siamo diversi? A differenza di chi ha pronunciato i propri voti di vita all’interno di un’intensa vita familiare o si è dedicato al lavoro per gli altri, noi religiosi nei nostri conventi non abbiamo assolutamente alcun alibi per non lavorare su noi stessi, interiormente. Ciò significa decidere davvero, ogni giorno, con serietà, di consegnare al Signore tutte le nostre fragilità, tutto di noi stessi, senza smettere al contempo di credere che tutto ciò che gli consegniamo sarà da Lui trasformato per santificare il suo nome in noi, affinché grazie al nostro abbandono Dio diventi davvero sempre più chiaramente presente al mondo attraverso tutto il dolore e la gioia, attraverso ogni desiderio, pensiero, gesto e azione che viviamo e gli offriamo.

Dai primi secoli a oggi è vero che le persone consacrate ci sono per Dio e per gli altri: ma forse in modo diverso da come pensiamo. Consacrare la propria vita a Dio significa principalmente permettere allo Spirito di Dio di operare con me, di “disturbarmi” costantemente. Significa accettare di lasciare che lo Spirito mi conduca continuamente a uscire dalle mie certezze. Significa consentirgli di guarirmi affrontando il mio passato, le mie cadute, le mie paure, le mie tensioni interiori e integrandole nell’insieme della vita, affinché Dio, a cui nulla rimane nascosto, possa finalmente risplendere. Dargli tutto significa, a volte, raccogliere tutto il mio coraggio e lanciarmi proprio nell’epicentro di ciò che temo di più. Essere religiosi, oggi, significa accogliere la chiamata alla lotta spirituale, non tirarsi indietro e persistere in essa con la speranza che tutto vada bene. Siamo nelle mani di Dio.

La nostra lotta avviene nella consacrazione a te, Dio. Tutto ciò che è mio è anche tuo: tu mi porti, mi guarisci, mi fortifichi, mi resusciti dove è necessario. Ciò che è tuo è mio: sei la mia forza, il mio sostegno, il mio conforto.

Stiamo attraversando questa lotta spirituale per tutti, affinché tu abbia sempre più spazio nel mondo, in ognuno di noi, affinché possiamo vivere del tuo amore e nel tuo amore: questo è anche il modo in cui siamo qui per gli altri . Vivere in modo tale che Dio sia soddisfatto di noi e che la nostra gioia sia piena.

Amato Dio, uno e trino, tu ami tutto ciò che hai creato, a tutti dai la vita e tutto benedici: completa dunque l’opera di consacrazione che hai iniziato in ciascuno di noi. Fa’ che possiamo irradiare la tua vita divina con le nostre vite e diventare ciò che dovremmo essere, possa il mondo intero con noi crescere sempre più profondamente nel tuo amore, giorno dopo giorno.

Denisa Červenková

intervista apparsa su https://www.vaticannews.va/cs/

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La vita consacrata è bella. È bello appartenere a Cristo. Ed è bello appartenergli in una famiglia religiosa. Con cuore pieno di pace e riconoscenza, ho dunque rinnovato i voti religiosi, questa volta, per sempre. Ammetto che ci vuole audacia per compiere una scelta per sempre, che mi sono dovuta sbilanciare verso un terreno insicuro, non conosciuto, che mi faceva paura. Perché nessuno sa, cosa sarà. La leva su cui ho fatto forza per compiere questo salto, è stata una rilettura del percorso fatto fino a questo momento. Un cammino, nel mio caso, fatto sicuramente di determinazione e tenacia. Ma ero arrivata ad un punto in cui tutta la buona volontà non mi era sufficiente per proseguire. È stato il momento della crisi. Quel punto in cui tocchi il fondo e arrivi all’essenziale, e come si dice, o la va o la spacca. Allora percepivo quel tempo come un grosso buco nero. Ora lo considero come una svolta, una benedizione. È stato il momento favorevole per entrare finalmente in contatto con me stessa, con le mie zone d’ombra e di luce. Quel momento che ha attivato un lavoro interiore, di consapevolezza, guarigione, accoglienza, con tutta la sua componente di fatica e dolore, ma non solo. Il Signore sembrava rimettere insieme i pezzi della mia interiorità un po’ spaccata, che poi rendeva difficili anche le mie relazioni. Parlo di momento, ma forse sarebbe più corretto parlare di un processo che era maturato al suo culmine. E il tempo della mia più grande fragilità, si è rivelato quello della più grande forza, che ora sostiene la mia scelta, per cui ora posso andare incontro al mio futuro con serena fiducia.

La chiave mi sembra proprio questa: entrare, finalmente entrare in questo spazio interiore, seppure confuso o dolorante. Concedermi il tempo per restarci, per prenderne contatto, per lasciare che il Signore vi posi il suo sguardo e la sua azione amorevole. Questo rapporto così personale con il Signore e me stessa, è stata la grande chiave per una progressiva riconciliazione, che si rinnova di giorno in giorno. Convertire lo sguardo interiore, lasciando spazio a quello di Dio, ha poi convertito anche il mio sguardo sugli altri e sulla realtà che vivo. Questo è ora il mio più grande punto di forza. So che se in futuro mi troverò in momenti di aridità, difficoltà o conflitto, questo spazio interiore e questo rapporto intimo con il Signore sarà il luogo dove attingere perdono, riconciliazione, speranza, forza, capacità di amare.

Ma non è finita qui: a guidarmi, accompagnarmi e sostenermi in questo cammino sono state numerose persone che il Signore mi ha posto accanto. Il mio cuore è pieno di riconoscenza

per loro. Suore, sacerdoti, amici, compagni di studio, persone in ricerca, assetate di Dio. So che la Chiesa è l’altro grande punto di forza. La comunità, la fraternità, ovvero tutti quei rapporti personali che il Signore mi dà la grazia di intrecciare e con cui posso crescere insieme.

Preghiera e fraternità, i due pilastri che mi sostengono, e di cui il Signore mi chiede a mia volta di prendermi cura: curare il rapporto con Dio, dedicandogli tempo e il silenzio necessario per il nostro incontro, e curare i rapporti, per costruire la Chiesa.

La vita consacrata è bella. La vita in compagnia del Signore e dei fratelli e sorelle è davvero bella. Dunque, “Eccomi, Signore, si compia in me la tua Parola”. E ancora, citando la Seconda Lettera ai Corinzi: “se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione”. (2Cor5,17-18)                                                                             Sr Marta del Verbo di Dio

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Ho cantato con Maria il Magnificat nel giorno della professione perpetua, quando ho annunciato il mio Sì per sempre al Signore, a questo amore che mi ha spinto ad andare sempre avanti, a non lasciarlo mai, ed a proseguire il mio cammino fino ad arrivare a questo giorno indimenticabile.

Davvero grandi cose ha fatto in me il Signore! Con gratitudine faccio memoria del mio incontro con Gesù, mio Maestro: anche se frequentavo la chiesa, ero catechista (anche … brava, mi dicevano), non lasciavo a Dio lo spazio per entrare in profondità dentro di me, e non avevo la capacità di ascoltarlo e lasciarlo parlare, perché nella preghiera e nei miei impegni, ero sempre io a parlare.

È arrivato il giorno opportuno, però: una delle suore presenti a Dronka in quel periodo ci ha proposto di fare sosta con il Signore, cioè di stare in silenzio davanti a Gesù Eucaristia, per mezz’ora; sono passati i primi dieci minuti e ogni tanto guardavo l’orologio, il tempo non passava mai, e mi sembrava che fosse passata più di mezz’ora, e dicevo ame stessa: che noia!

Da quel giorno, ripetendo questa esperienza, ho iniziato a capire che è davvero necessario lasciare spazio a Dio che parla, soprattutto quando facciamo l’adorazione eucaristica, di fronte alla sua Presenza viva.

E così, ho incominciato a cercare ogni tanto tempo per andare a pregare, per stare con Gesù, perché ho gustato la bellezza, la pace dello stare con Lui; è diventato il mio amico, al quale raccontavo tutto (e con cui anche ogni tanto mi arrabbiavo!).

Ringrazio la mia famiglia perché mi ha insegnato e abituato fin da piccola a frequentare la chiesa, ad andare per qualche giorno agli esercizi spirituali, a trovare qualche momento di preghiera personale, e anche ringrazio, per questo, la comunità parrocchiale.

Dopo un po’ di tempo di esperienza intima con Dio che, come dice santa Teresa, consiste nello “stare con chi sappiamo che ci ama”,  ho scoperto che il cammino della preghiera non è sempre semplice, perché comporta anche una lotta con le tante voci che abbiamo dentro di me; Pian piano, ha iniziato a risuonare spesso in me questa frase: “Mariam, Tu mi appartieni”; il mio padre spirituale mi ha aiutato tanto a distinguere la voce di Dio in mezzo alle altre voci, e a dialogare con la mia famiglia di quello che sentivo, e alla fine ho risposto: “Signore, sono tutta tua!”.

Durante il lungo cammino che mi ha portato ad essere sposa di Cristo, ho toccato sempre la presenza del Signore: da quando ho lasciato l’Egitto fino dal giorno della professione perpetua, cioè il giorno del mio matrimonio spirituale, ho vissuto una gioia che riempie il cuore, perché ero consapevole che, con i miei limiti le mie fragilità, non ce l’avrei mai fatta senza la Grazia del Signore.

Quel giorno, attorno a me era tutta la mia famiglia, e soprattutto il mio papà che mi guardava dal cielo e faceva festa lì, e la mia famiglia religiosa, e amici e colleghi di lavoro… E poi, un altro dono grandissimo: la professione è stata presieduta dal nostro vescovo Daniele, il mio padre spirituale, proprio lui che aveva accompagnato dalla nascita la mia vocazione.

Ringrazio il Signore per questo dono speciale, e desidero con il suo aiuto di essere sposa fedele e perseverante nel rispondere all’amore infinito dello Sposo, e di fissare lo sguardo su di lui, il centro della mia vita.

Sr Mariam di Gesù Maestro

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