Il dolore e la malattia fanno parte della vita. Il rapporto con il Signore ci conduce a una profonda riconciliazione con questa realtà necessariamente fragile della nostra vita. Non c’è motivo di evaderla o di averne paura, siamo infatti nelle sue mani. Anzi, questi luoghi del nostro dolore, in cui più corriamo il rischio di sentirci abbandonati, sono quelli in cui facciamo esperienza in modo vitale ed essenziale della presenza di Dio nella nostra vita. Acquistiamo una profondità nel nostro rapporto con la vita stessa, che poi ci aiuta a vivere più intensamente i momenti di gioia. I luoghi del nostro dolore, il nudo legno delle nostri croci, non sono luoghi di abbandono, perchè lì incontriamo la persona di Cristo, che condivide con noi la passione e si dona a noi nell’atto più totale del suo amore.
Un tumore colpì Bettina. Ma ella non si lamenta, non si rattrista. Prega, e generosamente si abbandona al Signore che la prepara al supremo distacco. “Da tanti anni non provavo più nei miei dolori fisici e morali nessun conforto; sentivo proprio d’esser sola, mentre ora il Signore si è degnato di darmi una delle sue consolazioni”.
Durante la convalescenza, grande e benefica fu l’influenza che la Beata esercitò nell’ospedale su quanti l’avvicinavano: medici, infermiere e malate concepirono un senso di ammirazione per lei che vedevano sempre paziente, caritatevole e cortese. Nè tutti avevano il dono della fede; anzi, ve n’erano degli ostili alla religione. Eppure tutti sentivano soggiogarsi dal fascino che da lei emanava; e avevano finito per considerarla una santa.
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